* * * ® DA DOMENICA 21 MAGGIO A DOMENICA 18 GIUGNO 2023 Si è spesso osservato che il CINEMA e il JAZZ sono state le due grandi “arti nuove” del Ventesimo secolo (alle quali si può aggiungere il FUMETTO). Segnate entrambe dalla civiltà metropolitana e da uno stretto rapporto con gli sviluppi della tecnologia, esse hanno molto in comune e possono essere osservate in parallelo. In questo doppio ciclo di incontri prendiamo in considerazione alcuni aspetti di una sintonia davvero affascinante. Il jazz ha spesso costituito l’argomento centrale di molti film di rilievo, e ancora più spesso è servito come colonna sonora, spesso commissionata per l’occasione a musicisti storici, da Duke Ellington a John Lewis a John Zorn; in particolare è divenuto il sottofondo privilegiato (a volte perfino stereotipato) di un genere importante come il “film noir”. Spesso l’incontro fra registi e jazzisti importanti ha sviluppato idee nuove, si pensi al rapporto fra Louis Malle e Miles Davis per “Ascensore per il patibolo” o a quello fra John Cassavetes e Charles Mingus per “Ombre”. Molte canzoni utilizzate da jazzisti d’ogni ambito stilistico sono nate specificamente per il cinema: da standard tanto diversi quanto “Laura”, “Stella By Starlight” o “I’ll Remember April” fino ai temi dei cartoni animati di Walt Disney. Altre volte sono gli stessi jazzisti (pensiamo a figure popolari come Fats Waller o Benny Goodman) ad essere immortalati nei film dalle trame più diverse. Infine, un elemento particolarmente affascinante riguarda i molti “prestiti” che le due arti si sono scambiati, dall’uso del montaggio in musica a quello dell’improvvisazione nelle pellicole sperimentali.
* * * ® DA DOMENICA 21 MAGGIO A DOMENICA 18 GIUGNO 2023 Si è spesso osservato che il CINEMA e il JAZZ sono state le due grandi “arti nuove” del Ventesimo secolo (alle quali si può aggiungere il FUMETTO). Segnate entrambe dalla civiltà metropolitana e da uno stretto rapporto con gli sviluppi della tecnologia, esse hanno molto in comune e possono essere osservate in parallelo. In questo doppio ciclo di incontri prendiamo in considerazione alcuni aspetti di una sintonia davvero affascinante. Il jazz ha spesso costituito l’argomento centrale di molti film di rilievo, e ancora più spesso è servito come colonna sonora, spesso commissionata per l’occasione a musicisti storici, da Duke Ellington a John Lewis a John Zorn; in particolare è divenuto il sottofondo privilegiato (a volte perfino stereotipato) di un genere importante come il “film noir”. Spesso l’incontro fra registi e jazzisti importanti ha sviluppato idee nuove, si pensi al rapporto fra Louis Malle e Miles Davis per “Ascensore per il patibolo” o a quello fra John Cassavetes e Charles Mingus per “Ombre”. Molte canzoni utilizzate da jazzisti d’ogni ambito stilistico sono nate specificamente per il cinema: da standard tanto diversi quanto “Laura”, “Stella By Starlight” o “I’ll Remember April” fino ai temi dei cartoni animati di Walt Disney. Altre volte sono gli stessi jazzisti (pensiamo a figure popolari come Fats Waller o Benny Goodman) ad essere immortalati nei film dalle trame più diverse. Infine, un elemento particolarmente affascinante riguarda i molti “prestiti” che le due arti si sono scambiati, dall’uso del montaggio in musica a quello dell’improvvisazione nelle pellicole sperimentali.
* * * ® DA DOMENICA 21 MAGGIO A DOMENICA 18 GIUGNO 2023 Si è spesso osservato che il CINEMA e il JAZZ sono state le due grandi “arti nuove” del Ventesimo secolo (alle quali si può aggiungere il FUMETTO). Segnate entrambe dalla civiltà metropolitana e da uno stretto rapporto con gli sviluppi della tecnologia, esse hanno molto in comune e possono essere osservate in parallelo. In questo doppio ciclo di incontri prendiamo in considerazione alcuni aspetti di una sintonia davvero affascinante. Il jazz ha spesso costituito l’argomento centrale di molti film di rilievo, e ancora più spesso è servito come colonna sonora, spesso commissionata per l’occasione a musicisti storici, da Duke Ellington a John Lewis a John Zorn; in particolare è divenuto il sottofondo privilegiato (a volte perfino stereotipato) di un genere importante come il “film noir”. Spesso l’incontro fra registi e jazzisti importanti ha sviluppato idee nuove, si pensi al rapporto fra Louis Malle e Miles Davis per “Ascensore per il patibolo” o a quello fra John Cassavetes e Charles Mingus per “Ombre”. Molte canzoni utilizzate da jazzisti d’ogni ambito stilistico sono nate specificamente per il cinema: da standard tanto diversi quanto “Laura”, “Stella By Starlight” o “I’ll Remember April” fino ai temi dei cartoni animati di Walt Disney. Altre volte sono gli stessi jazzisti (pensiamo a figure popolari come Fats Waller o Benny Goodman) ad essere immortalati nei film dalle trame più diverse. Infine, un elemento particolarmente affascinante riguarda i molti “prestiti” che le due arti si sono scambiati, dall’uso del montaggio in musica a quello dell’improvvisazione nelle pellicole sperimentali.
* * * ® DA DOMENICA 21 MAGGIO A DOMENICA 18 GIUGNO 2023 Si è spesso osservato che il CINEMA e il JAZZ sono state le due grandi “arti nuove” del Ventesimo secolo (alle quali si può aggiungere il FUMETTO). Segnate entrambe dalla civiltà metropolitana e da uno stretto rapporto con gli sviluppi della tecnologia, esse hanno molto in comune e possono essere osservate in parallelo. In questo doppio ciclo di incontri prendiamo in considerazione alcuni aspetti di una sintonia davvero affascinante. Il jazz ha spesso costituito l’argomento centrale di molti film di rilievo, e ancora più spesso è servito come colonna sonora, spesso commissionata per l’occasione a musicisti storici, da Duke Ellington a John Lewis a John Zorn; in particolare è divenuto il sottofondo privilegiato (a volte perfino stereotipato) di un genere importante come il “film noir”. Spesso l’incontro fra registi e jazzisti importanti ha sviluppato idee nuove, si pensi al rapporto fra Louis Malle e Miles Davis per “Ascensore per il patibolo” o a quello fra John Cassavetes e Charles Mingus per “Ombre”. Molte canzoni utilizzate da jazzisti d’ogni ambito stilistico sono nate specificamente per il cinema: da standard tanto diversi quanto “Laura”, “Stella By Starlight” o “I’ll Remember April” fino ai temi dei cartoni animati di Walt Disney. Altre volte sono gli stessi jazzisti (pensiamo a figure popolari come Fats Waller o Benny Goodman) ad essere immortalati nei film dalle trame più diverse. Infine, un elemento particolarmente affascinante riguarda i molti “prestiti” che le due arti si sono scambiati, dall’uso del montaggio in musica a quello dell’improvvisazione nelle pellicole sperimentali.
* * ® DA DOMENICA 21 MAGGIO A DOMENICA 18 GIUGNO 2023 Si è spesso osservato che il CINEMA e il JAZZ sono state le due grandi “arti nuove” del Ventesimo secolo (alle quali si può aggiungere il FUMETTO). Segnate entrambe dalla civiltà metropolitana e da uno stretto rapporto con gli sviluppi della tecnologia, esse hanno molto in comune e possono essere osservate in parallelo. In questo doppio ciclo di incontri prendiamo in considerazione alcuni aspetti di una sintonia davvero affascinante. Il jazz ha spesso costituito l’argomento centrale di molti film di rilievo, e ancora più spesso è servito come colonna sonora, spesso commissionata per l’occasione a musicisti storici, da Duke Ellington a John Lewis a John Zorn; in particolare è divenuto il sottofondo privilegiato (a volte perfino stereotipato) di un genere importante come il “film noir”. Spesso l’incontro fra registi e jazzisti importanti ha sviluppato idee nuove, si pensi al rapporto fra Louis Malle e Miles Davis per “Ascensore per il patibolo” o a quello fra John Cassavetes e Charles Mingus per “Ombre”. Molte canzoni utilizzate da jazzisti d’ogni ambito stilistico sono nate specificamente per il cinema: da standard tanto diversi quanto “Laura”, “Stella By Starlight” o “I’ll Remember April” fino ai temi dei cartoni animati di Walt Disney. Altre volte sono gli stessi jazzisti (pensiamo a figure popolari come Fats Waller o Benny Goodman) ad essere immortalati nei film dalle trame più diverse. Infine, un elemento particolarmente affascinante riguarda i molti “prestiti” che le due arti si sono scambiati, dall’uso del montaggio in musica a quello dell’improvvisazione nelle pellicole sperimentali.
* Nato in Arkansas nel 1940, FARRELL “PHAROAH” SANDERS http://www.pharoahsanders.com/ è una delle leggende viventi del moderno sax tenore. Pupillo di John Coltrane negli ultimi anni della vicenda artistica del grande maestro (1965-67), aveva debuttato in band di rhythm & blues e rock’n’roll nell’area di San Francisco a fine anni ’50. Ma l’ascolto dei pionieri della "new thing" sposta ben presto i suoi interessi verso il jazz: si stabilisce a New York e inizia a suonare con Billy Higgins, Don Cherry e soprattutto con Sun Ra cui dobbiamo il nome con il quale è diventato famoso: Pharaoh, il faraone, poi diventato Pharoah, contrazione e variazione dell’originale Farrell ma anche riferimento alla cultura dell’antico Egitto di cui il visionario pianista era invasato. La consacrazione arriva però con Coltrane di cui diventa vero e proprio alter ego, suonando il suo stesso strumento nel quintetto degli ultimi anni, adottando ben presto anche il sax soprano e formandosi alla sua scuola musicale e spirituale. Con la scomparsa del maestro, Sanders spingerà al limite estremo le possibilità sonore dei suoi strumenti. Toni rauchi e grevi nei registri bassi, liberi voli in quelli sovracuti, suoni doppi e tripli cui si aggiunge la voce sono le caratteristiche principali del sound di Sanders, sempre teso verso un bisogno dell’assoluto. Lo spiritualismo, cui anche Coltrane faceva riferimento, diventerà tratto centrale della sua opera, già nelle collaborazioni con Alice Coltrane, poi nella produzione di successo come leader: album come "", "", "" saranno tra i più venduti in assoluto nei primi anni ’70. Dopo un periodo di eclissi nei secondi anni ’80 , Sanders ha ritrovato una nuova verve creativa dove la straordinaria vicinanza con Coltrane emerge ancor di più, ad esempio nella ripresa della splendido repertorio delle ballads.
* Nato in Arkansas nel 1940, FARRELL “PHAROAH” SANDERS http://www.pharoahsanders.com/ è una delle leggende viventi del moderno sax tenore. Pupillo di John Coltrane negli ultimi anni della vicenda artistica del grande maestro (1965-67), aveva debuttato in band di rhythm & blues e rock’n’roll nell’area di San Francisco a fine anni ’50. Ma l’ascolto dei pionieri della "new thing" sposta ben presto i suoi interessi verso il jazz: si stabilisce a New York e inizia a suonare con Billy Higgins, Don Cherry e soprattutto con Sun Ra cui dobbiamo il nome con il quale è diventato famoso: Pharaoh, il faraone, poi diventato Pharoah, contrazione e variazione dell’originale Farrell ma anche riferimento alla cultura dell’antico Egitto di cui il visionario pianista era invasato. La consacrazione arriva però con Coltrane di cui diventa vero e proprio alter ego, suonando il suo stesso strumento nel quintetto degli ultimi anni, adottando ben presto anche il sax soprano e formandosi alla sua scuola musicale e spirituale. Con la scomparsa del maestro, Sanders spingerà al limite estremo le possibilità sonore dei suoi strumenti. Toni rauchi e grevi nei registri bassi, liberi voli in quelli sovracuti, suoni doppi e tripli cui si aggiunge la voce sono le caratteristiche principali del sound di Sanders, sempre teso verso un bisogno dell’assoluto. Lo spiritualismo, cui anche Coltrane faceva riferimento, diventerà tratto centrale della sua opera, già nelle collaborazioni con Alice Coltrane, poi nella produzione di successo come leader: album come "", "", "" saranno tra i più venduti in assoluto nei primi anni ’70. Dopo un periodo di eclissi nei secondi anni ’80 , Sanders ha ritrovato una nuova verve creativa dove la straordinaria vicinanza con Coltrane emerge ancor di più, ad esempio nella ripresa della splendido repertorio delle ballads.
* Nato in Arkansas nel 1940, FARRELL “PHAROAH” SANDERS http://www.pharoahsanders.com/ è una delle leggende viventi del moderno sax tenore. Pupillo di John Coltrane negli ultimi anni della vicenda artistica del grande maestro (1965-67), aveva debuttato in band di rhythm & blues e rock’n’roll nell’area di San Francisco a fine anni ’50. Ma l’ascolto dei pionieri della "new thing" sposta ben presto i suoi interessi verso il jazz: si stabilisce a New York e inizia a suonare con Billy Higgins, Don Cherry e soprattutto con Sun Ra cui dobbiamo il nome con il quale è diventato famoso: Pharaoh, il faraone, poi diventato Pharoah, contrazione e variazione dell’originale Farrell ma anche riferimento alla cultura dell’antico Egitto di cui il visionario pianista era invasato. La consacrazione arriva però con Coltrane di cui diventa vero e proprio alter ego, suonando il suo stesso strumento nel quintetto degli ultimi anni, adottando ben presto anche il sax soprano e formandosi alla sua scuola musicale e spirituale. Con la scomparsa del maestro, Sanders spingerà al limite estremo le possibilità sonore dei suoi strumenti. Toni rauchi e grevi nei registri bassi, liberi voli in quelli sovracuti, suoni doppi e tripli cui si aggiunge la voce sono le caratteristiche principali del sound di Sanders, sempre teso verso un bisogno dell’assoluto. Lo spiritualismo, cui anche Coltrane faceva riferimento, diventerà tratto centrale della sua opera, già nelle collaborazioni con Alice Coltrane, poi nella produzione di successo come leader: album come "", "", "" saranno tra i più venduti in assoluto nei primi anni ’70. Dopo un periodo di eclissi nei secondi anni ’80 , Sanders ha ritrovato una nuova verve creativa dove la straordinaria vicinanza con Coltrane emerge ancor di più, ad esempio nella ripresa della splendido repertorio delle ballads.
* Nato in Arkansas nel 1940, FARRELL “PHAROAH” SANDERS http://www.pharoahsanders.com/ è una delle leggende viventi del moderno sax tenore. Pupillo di John Coltrane negli ultimi anni della vicenda artistica del grande maestro (1965-67), aveva debuttato in band di rhythm & blues e rock’n’roll nell’area di San Francisco a fine anni ’50. Ma l’ascolto dei pionieri della "new thing" sposta ben presto i suoi interessi verso il jazz: si stabilisce a New York e inizia a suonare con Billy Higgins, Don Cherry e soprattutto con Sun Ra cui dobbiamo il nome con il quale è diventato famoso: Pharaoh, il faraone, poi diventato Pharoah, contrazione e variazione dell’originale Farrell ma anche riferimento alla cultura dell’antico Egitto di cui il visionario pianista era invasato. La consacrazione arriva però con Coltrane di cui diventa vero e proprio alter ego, suonando il suo stesso strumento nel quintetto degli ultimi anni, adottando ben presto anche il sax soprano e formandosi alla sua scuola musicale e spirituale. Con la scomparsa del maestro, Sanders spingerà al limite estremo le possibilità sonore dei suoi strumenti. Toni rauchi e grevi nei registri bassi, liberi voli in quelli sovracuti, suoni doppi e tripli cui si aggiunge la voce sono le caratteristiche principali del sound di Sanders, sempre teso verso un bisogno dell’assoluto. Lo spiritualismo, cui anche Coltrane faceva riferimento, diventerà tratto centrale della sua opera, già nelle collaborazioni con Alice Coltrane, poi nella produzione di successo come leader: album come "", "", "" saranno tra i più venduti in assoluto nei primi anni ’70. Dopo un periodo di eclissi nei secondi anni ’80 , Sanders ha ritrovato una nuova verve creativa dove la straordinaria vicinanza con Coltrane emerge ancor di più, ad esempio nella ripresa della splendido repertorio delle ballads.
* Nato in Arkansas nel 1940, FARRELL “PHAROAH” SANDERS http://www.pharoahsanders.com/ è una delle leggende viventi del moderno sax tenore. Pupillo di John Coltrane negli ultimi anni della vicenda artistica del grande maestro (1965-67), aveva debuttato in band di rhythm & blues e rock’n’roll nell’area di San Francisco a fine anni ’50. Ma l’ascolto dei pionieri della "new thing" sposta ben presto i suoi interessi verso il jazz: si stabilisce a New York e inizia a suonare con Billy Higgins, Don Cherry e soprattutto con Sun Ra cui dobbiamo il nome con il quale è diventato famoso: Pharaoh, il faraone, poi diventato Pharoah, contrazione e variazione dell’originale Farrell ma anche riferimento alla cultura dell’antico Egitto di cui il visionario pianista era invasato. La consacrazione arriva però con Coltrane di cui diventa vero e proprio alter ego, suonando il suo stesso strumento nel quintetto degli ultimi anni, adottando ben presto anche il sax soprano e formandosi alla sua scuola musicale e spirituale. Con la scomparsa del maestro, Sanders spingerà al limite estremo le possibilità sonore dei suoi strumenti. Toni rauchi e grevi nei registri bassi, liberi voli in quelli sovracuti, suoni doppi e tripli cui si aggiunge la voce sono le caratteristiche principali del sound di Sanders, sempre teso verso un bisogno dell’assoluto. Lo spiritualismo, cui anche Coltrane faceva riferimento, diventerà tratto centrale della sua opera, già nelle collaborazioni con Alice Coltrane, poi nella produzione di successo come leader: album come "", "", "" saranno tra i più venduti in assoluto nei primi anni ’70. Dopo un periodo di eclissi nei secondi anni ’80 , Sanders ha ritrovato una nuova verve creativa dove la straordinaria vicinanza con Coltrane emerge ancor di più, ad esempio nella ripresa della splendido repertorio delle ballads.
* Al di là del mito, un percorso di CLAUDIO SESSA su storia e attualità del , alle radici della grande musica afroamericana. Sfileranno nomi noti e meno noti della saga di New Orleans, che ha dato un contributo fondamentale alla straordinaria avventura del jazz: Jelly Roll Morton, Louis Armstrong, King Oliver, Bix Beiderbecke, Johnny Dodds, Kid Ory, Sam Morgan, Oscar Celestin e molti altri.
* Al di là del mito, un percorso di CLAUDIO SESSA su storia e attualità del , alle radici della grande musica afroamericana. Sfileranno nomi noti e meno noti della saga di New Orleans, che ha dato un contributo fondamentale alla straordinaria avventura del jazz: Jelly Roll Morton, Louis Armstrong, King Oliver, Bix Beiderbecke, Johnny Dodds, Kid Ory, Sam Morgan, Oscar Celestin e molti altri.
* Al di là del mito, un percorso di CLAUDIO SESSA su storia e attualità del , alle radici della grande musica afroamericana. Sfileranno nomi noti e meno noti della saga di New Orleans, che ha dato un contributo fondamentale alla straordinaria avventura del jazz: Jelly Roll Morton, Louis Armstrong, King Oliver, Bix Beiderbecke, Johnny Dodds, Kid Ory, Sam Morgan, Oscar Celestin e molti altri.
* Al di là del mito, un percorso di CLAUDIO SESSA su storia e attualità del , alle radici della grande musica afroamericana. Sfileranno nomi noti e meno noti della saga di New Orleans, che ha dato un contributo fondamentale alla straordinaria avventura del jazz: Jelly Roll Morton, Louis Armstrong, King Oliver, Bix Beiderbecke, Johnny Dodds, Kid Ory, Sam Morgan, Oscar Celestin e molti altri.
* Al di là del mito, un percorso di CLAUDIO SESSA su storia e attualità del , alle radici della grande musica afroamericana. Sfileranno nomi noti e meno noti della saga di New Orleans, che ha dato un contributo fondamentale alla straordinaria avventura del jazz: Jelly Roll Morton, Louis Armstrong, King Oliver, Bix Beiderbecke, Johnny Dodds, Kid Ory, Sam Morgan, Oscar Celestin e molti altri.
* WILLIAM MARCELL, detto “BUDDY”, COLLETTE (classe 1921) è una figura di primo piano del jazz della West Coast. Affermato anche come compositore e arrangiatore, Collette è uno fra i rari veri multistrumentisti del jazz moderno, a suo agio ai vari sassofoni (alto e tenore innanzitutto), al clarinetto e soprattutto al flauto, di cui è uno dei maggiori specialisti in ambito jazz. Marcello Lorrai ne ripercorre la lunghissima carriera, mettendo in evidenza le innumerevoli collaborazioni (su tutte quelle con Chico Hamilton, che gli diede una prima notorietà, e Shelly Manne), i purtroppo rari ma preziosi dischi da leader (alcuni dei quali realizzati in Italia), il suo lavoro nel cinema e alla TV (fece parte del cast musicale del Groucho Marx Show), il suo impegno - nei difficili tempi del Maccartismo - per l’integrazione tra musicisti bianchi e neri e nelle lotte per i diritti civili. Completato con materiale registrato dal gruppo di Coltrane nell’ottobre del 1960, sessions dalle quali scaturiranno anche altri dischi quali “” e “”, COLTRANE PLAYS THE BLUES può essere letto come un punto d’arrivo e al tempo stesso una sorta di addio ad un genere che tanto ha dato al jazz e allo stesso Coltrane ma che da quel momento non troverà spazio, se non marginalmente, nella ricerca di nuovi orizzonti musicali che il sassofonista stava per intraprendere.